

MINOSSE

CANTO V, VERSI 1-24
Così discesi del cerchio primaio
giù nel secondo, che men loco cinghia,
e tanto più dolor, che punge a guaio.
Stavvi Minòs orribilmente, e ringhia:
essamina le colpe ne l’intrata;
giudica e manda secondo ch’avvinghia.
Dico che quando l’anima mal nata
li vien dinanzi, tutta si confessa;
e quel conoscitor de le peccata
vede qual loco d’inferno è da essa;
cignesi con la coda tante volte
quantunque gradi vuol che giù sia messa.
Sempre dinanzi a lui ne stanno molte;
vanno a vicenda ciascuna al giudizio;
dicono e odono, e poi son giù volte.
«O tu che vieni al doloroso ospizio»,
disse Minòs a me quando mi vide,
lasciando l’atto di cotanto offizio,
«guarda com’entri e di cui tu ti fide;
non t’inganni l’ampiezza de l’intrare!».
E ’l duca mio a lui: «Perché pur gride?
Non impedir lo suo fatale andare:
vuolsi così colà dove si puote
ciò che si vuole, e più non dimandare».
PARAFRASI
E così scesi dal primo cerchio giù nel secondo, meno spazioso, che aumenta le sofferenze che fanno disperare i dannati. Qui si erge tremendo Minosse, che minaccia ringhiando: esamina le colpe dei dannati all’ingresso; le valuta e condanna avvolgendo la coda.
Voglio dire che quando il dannato gli arriva davanti, confessa tutte le sue colpe; e lui, giudice dei peccati, conosce il luogo dell’Inferno a lui destinato; e si avvolge sul corpo con la coda in tanti giri quanti sono i cerchi che l’anima deve percorrere per arrivare al proprio.
Ci sono sempre molte anime davanti a lui: si recano una alla volta verso il suo giudizio, si confessano e ascoltano la sua sentenza e poi sono buttate nella voragine.
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«O tu, che sei giunto alla dimora del dolore», mi disse Minosse dopo avermi visto, interrompendo così il suo compito importante, «guardati attentamente intorno e a chi ti sei affidato; non farti ingannare dalla larghezza dell’entrata!».
E la mia guida gli rispose: «Perché continui a gridare? Non ostacolare il suo viaggio inevitabile: così si vuole nel luogo in cui si può fare ciò che si vuole, e non chiedere altro».
INFORMAZIONI
CANTO V
Ci troviamo nel V canto, nel II Cerchio, dove vengono puniti i lussuriosi. Si tratta dei primi peccatori che Dante incontra dopo aver oltrepassato il fiume Acheronte. Ciò che contraddistingue questo cerchio è l’estrema oscurità che impedisce a Dante di avere una percezione precisa di ciò che lo circonda. Egli si affida quindi all’udito, che è il senso che più viene stimolato in questa parte iniziale del suo viaggio.
In questo cerchio sono puniti i lussuriosi: coloro che non hanno saputo sottomettere le passioni alla ragione. Le anime sono travolte da una fragorosa tempesta, “la bufera infernale”, che li percuote senza tregua, rappresentazione di quello sconvolgimento emotivo che le ha travolti durante la loro vita sulla terra.
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IL MOSTRO
Il secondo cerchio dell’Inferno è presidiato da Minosse. È rappresentato come un mostro che ringhia orribilmente. Le anime che si presentano davanti a lui dopo aver varcato l’Acheronte non sanno ancora a quale girone infernale sono destinate. È dunque Minosse che indica a ciascuno il proprio destino ultraterreno in un modo particolare: attorciglia la sua enorme coda attorno al corpo dei dannati tante volte quanti sono i cerchi che essi devono scendere.

Il Minosse di Doré è gigantesco e occupa con la sua immensa figura tutta la parte destra del disegno. È rappresentato di spalle, seduto in una posa tranquilla ma possente. Intorno al suo corpo si snoda la lunghissima coda, mentre in testa porta una corona, presente anche in Blake, che testimonia il suo passato da Re di Creta. Le anime dinanzi a lui sono piccole e si mostrano in un atto di umiltà , in una scena che, al contrario di quella di Blake, si articola in maniera abbastanza statica.

L’immagine è piena di movimento; la figura di Minosse al centro della scena è circondata da anime atterrite che si muovono con gesti nervosi. Virgilio è rappresentato in basso a sinistra mentre espone energicamente le ragioni divine del viaggio ultraterreno di Dante. Minosse, con una mano alzata, siede su un trono infernale, ed è rappresentato in una posa che ricorda le rappresentazioni tipiche del Giudizio Universale.

Il Minosse di Doré è gigantesco e occupa con la sua immensa figura tutta la parte destra del disegno. È rappresentato di spalle, seduto in una posa tranquilla ma possente. Intorno al suo corpo si snoda la lunghissima coda, mentre in testa porta una corona, presente anche in Blake, che testimonia il suo passato da Re di Creta. Le anime dinanzi a lui sono piccole e si mostrano in un atto di umiltà , in una scena che, al contrario di quella di Blake, si articola in maniera abbastanza statica.