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fuoco

CARONTE

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CANTO III, VERSI 82-111

Ed ecco verso noi venir per nave 
un vecchio, bianco per antico pelo, 
gridando: "Guai a voi, anime prave!
 
Non isperate mai veder lo cielo: 
i’ vegno per menarvi a l’altra riva 
ne le tenebre etterne, in caldo e ’n gelo. 
 
E tu che se’ costì, anima viva, 
pàrtiti da cotesti che son morti". 
Ma poi che vide ch’io non mi partiva,
 
disse: "Per altra via, per altri porti 
verrai a piaggia, non qui, per passare: 
più lieve legno convien che ti porti".

  

E ’l duca lui: "Caron, non ti crucciare: 
vuolsi così colà dove si puote 
ciò che si vuole, e più non dimandare".
 

Quinci fuor quete le lanose gote 
al nocchier de la livida palude, 
che ’ntorno a li occhi avea di fiamme rote.

 

[…] Caron dimonio, con occhi di bragia 
loro accennando, tutte le raccoglie; 
batte col remo qualunque s'adagia.

PARAFRASI

Ed ecco giungere verso di noi su una nave un uomo, bianco per la vecchiaia, che gridava: «Guai a voi, anime malvagie! Non sperate di veder mai più il cielo: vengo per condurvi all’altra sponda nel buio eterno, tra fiamme e ghiacci. E anche tu, anima viva, allontanati da questi, che sono già morti». 
 
Ma, poiché vide che non me ne andavo, disse: «Per un’altra strada, per altri porti giungerai alla spiaggia (del Purgatorio); non da qui: è meglio che ti porti una nave più rapida». 

E Virgilio a lui: «Caronte, non preoccuparti: si vuole così là dove si può realizzare ciò che si vuole; non chiedere altro». 
 
Così si calmarono le guance barbute al nocchiero della plumbea palude, che attorno gli occhi aveva lingue di fuoco. 

[…] Il demonio Caronte, con gli occhi come brace che accennava a loro (le anime), le aduna tutte;  e colpisce con un remo chiunque si siede a terra.

INFORMAZIONI

CANTO III

 

Siamo nel Vestibolo dell’Inferno, dove vengono puniti i pusillanimi che nella loro vita non hanno mai preso una decisione, ovvero non si sono schierati né con Dio né contro di lui.

La loro pena consiste nell’inseguire nudi un’insegna priva di significato, venendo punti senza sosta da vespe e mosconi. Il sangue che riga il loro volto cade ai loro piedi diventando cibo per vermi. 

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IL MOSTRO

 

Caronte è il nocchiero del fiume Acheronte che conduce all’Inferno vero e proprio. Viene descritto come un vecchio demonio con occhi rossi come il fuoco e barba e capelli bianchi che minaccia crudelmente le anime che si affollano sulle sue rive per essere traghettate sull’altra sponda, colpendole con il suo remo.   

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Caronte era il traghettatore delle anime nell’Aldilà anche nella tradizione classica ma, per la rappresentazione del suo personaggio, Dante ha in mente soprattutto la descrizione che ne fa Virgilio nell’Eneide:  

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(Eneide, Canto VI, vv. 298-304) 

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Nell’immaginario dantesco questa figura mitologica subisce una metamorfosi, trasformandosi in un vero e proprio demone. Dante non ci dà una descrizione completa di Caronte, ma sparge alcuni dettagli sul suo aspetto fisico tra i versi del canto. Quello che viene sottolineato nel testo dantesco è la sua violenza, sia nelle parole che negli atti.  

Un orribile traghettatore fa da guardiano a queste acque e a questo fiume, Caronte: una lunga barba bianca e incolta scende dal mento; i suoi occhi sono fiamme immobili; un sordido pezzo di stoffa gli pende dalla spalla. Da solo spinge la barca e manovra le vele e con la barca color del ferro traghetta le ombre: vecchio già, ma della verde vecchiaia di un dio”. 

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