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fuoco

PLUTO

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CANTO VII, VERSI 1-15

"Pape Satàn, pape Satàn aleppe!", 
cominciò Pluto con la voce chioccia; 
e quel savio gentil, che tutto seppe,  
 
disse per confortarmi: "Non ti noccia 
la tua paura; ché, poder ch’elli abbia, 
non ci torrà lo scender questa roccia". 
 
Poi si rivolse a quella ’nfiata labbia, 
e disse: "Taci, maladetto lupo! 
consuma dentro te con la tua rabbia. 
 
Non è sanza cagion l’andare al cupo: 
vuolsi ne l’alto, là dove Michele 
fé la vendetta del superbo strupo". 
 
Quali dal vento le gonfiate vele 
caggiono avvolte, poi che l’alber fiacca, 
tal cadde a terra la fiera crudele.

PARAFRASI


“Papé Satàn, papé Satàn, aleppe!”, gridò Pluto con la sua voce rauca non appena ci vide; ed il gentile uomo saggio, Virgilio, a cui nulla è sconosciuto, disse allora per confortarmi: “Non ti nuoccia la tua paura; perché, qualunque sia il potere del demone, non ci potrà impedire di scendere da questa roccia.”

 

Poi si rivolse a quel muso rabbioso e disse: “Taci, lupo maledetto! Consumati dentro te stesso con la tua rabbia. Non è senza motivo il nostro viaggio in queste tenebre: è stato deciso così in cielo, là dove san Michele vendicò la violenta ribellione contro Dio degli angeli ribelli.” 

 

Come a volte le vele prima gonfiate dal vento, cadono poi su se stesse dopo che l’albero della nave si è spezzato, allo stesso modo si accasciò subito a terra quel mostro crudele. 

INFORMAZIONI

CANTO VII

 

Il VII canto della Divina Commedia è diviso in due parti: la prima è più lunga e descrive la punizione degli avari e dei prodighi, mentre la seconda, che conclude il canto, vede l’introduzione degli iracondi, collocati nel V Cerchio, di cui Dante parlerà anche nel canto successivo.

 

È difficile comprendere il contrappasso che sta a fondamento della punizione degli avari e dei prodighi, ma secondo l’interpretazione di Umberto Bosco nella sua introduzione al Canto VII, il loro spingere senza scopo nell’Inferno rispecchia il loro modo inutile di affaticarsi sulla terra. Anche per gli iracondi sorgono problemi di interpretazione. In effetti, l’immersione nel fango non appare come una pena specifica per il loro peccato. D’altra parte, la ferocia che mostrano nel mordersi e graffiarsi reciprocamente è specchio fedele del peccato che ha contraddistinto la loro vita terrena.  

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IL MOSTRO

 

"Pape Satàn, pape Satàn aleppe’" è il primo verso di questo Canto che riporta le parole con cui Pluto si rivolge ai due viandanti. Si tratta, con ogni probabilità, di un’invocazione a Satana, come risulta dalla ripetizione della parola Satàn, preceduta dal termine ‘pape’, che ricorda la parola ‘padre’. La parola ‘aleppe’, invece, potrebbe rimandare alla lettera greca ‘alfa’, in ebraico ‘aleph’, (per noi la ‘a’), la prima lettera dell’alfabeto greco ed ebraico, come ad indicare che Satana è il primo dei demoni. Potrebbe però essere anche una semplice esclamazione di fastidio nel vedere Dante e Virgilio, visitatori inaspettati e non graditi. 

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Di Pluto non abbiamo una descrizione precisa: Dante si limita a indicarne il viso gonfio di rabbia che però si rilassa dopo le parole di Virgilio, il quale lo apostrofa chiamandolo ‘maladetto lupo’ (v. 8).

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